Storia del Ministero dell'Interno by Giovanna Tosatti

Storia del Ministero dell'Interno by Giovanna Tosatti

autore:Giovanna, Tosatti [Tosatti, Giovanna]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Il Mulino/Ricerca
ISBN: 9788815143945
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2009-10-14T22:00:00+00:00


3. La polizia del regime

Nel campo della pubblica sicurezza la gestione del generale De Bono (1922-1924)[91], in assenza di un corpo di agenti di p.s., si avvalse soprattutto della violenza (quella della Ceka e quella degli squadristi inquadrati nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale), senza neppure iniziare a mettere mano a modifiche o adeguamenti dell’organizzazione esistente.

Bisogna però considerare che si era in quei primi anni nel pieno del processo di semplificazione amministrativa, e di conseguenza nella difficoltà di chiedere aumenti di organici[92]; anzi, nel 1923 De Bono, «uniformandosi agli intendimenti del Governo nazionale», decise che le divisioni della Direzione generale venissero ridotte da cinque a tre[93], con la conseguente soppressione di due posti di capodivisione, di due posti di direttori amministrativi e di altrettanti posti di caposezione. Il sistema ereditato dalla riorganizzazione del 1919 incentrava la politica di lotta alle opposizioni sul Gabinetto del direttore generale, nel quale soprattutto confluivano le informazioni confidenziali fiduciarie[94], e sulla Divisione affari generali e riservati, incaricata del controllo delle associazioni, della stampa, del movimento sovversivo, oltreché del mantenimento dell’ordine pubblico e del controllo degli stranieri. Compiti ai quali si doveva provvedere con un organico di 1651 funzionari[95] e 1310 impiegati, tra uffici centrali e periferici.

Significativa, in quegli anni, l’espansione dello Schedario dei sovversivi: il 1922 fu, insieme al 1918, l’anno in cui venne aperto il minor numero di fascicoli (meno di 500); ma, a partire dal 1923, il numero avrebbe ricominciato a crescere, assestandosi intorno alle 1500 nuove schedature del 1923 e del 1924 e arrivando oltre le 3000 unità nel 1925 e oltre le 4000 nel 1926, ultimo anno prima della radicale riorganizzazione dello Schedario[96]. Ciò che non toglie che il controllo delle opposizioni lasciava ancora molto a desiderare, al punto che la polizia non fu in grado di seguire in maniera adeguata uno degli oppositori più attivi, Antonio Gramsci[97].

Con la nomina del prefetto Francesco Crispo Moncada[98] qualcosa cominciò a muoversi, anche perché il discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 3 gennaio 1925 da Mussolini chiamava gli apparati della polizia a una lotta più decisa e efficace contro le opposizioni, fino al loro completo annientamento. Con quel discorso, ha sottolineato Guido Melis, Mussolini rivendicò quella natura antidemocratica e antiparlamentare del fascismo che le leggi eccezionali del 1925-26 avrebbero tradotto in un primo abbozzo di regime[99]. Le conseguenze furono immediate: i prefetti furono subito chiamati ad assumere iniziative di stampo repressivo[100], mentre, fra il 6 e il 7 gennaio, il guardasigilli Rocco portò in Consiglio dei ministri la proposta di riforma del Codice penale, che reintroduceva la pena di morte e istituiva il Tribunale speciale per la difesa dello Stato; e Federzoni presentò in Parlamento il disegno di legge che delegava al Governo la facoltà di emendare la legge di p.s.[101].

Mentre, in questo clima, Federzoni e Crispo Moncada lavoravano all’elaborazione del nuovo T.U. delle leggi di p.s.[102], che, insieme con i provvedimenti per la difesa dello Stato, avrebbe dotato gli apparati della polizia di tutti gli strumenti preventivi e repressivi necessari alla nuova politica, nella Direzione generale si prendevano i primi provvedimenti.



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